Nella sua gabbia, l’orso solitario andava e veniva, girava senza meta e continuamente, in un vortice continuo che dava l’idea che avesse perso ogni forma di orientamento.
La forza bruta diventa una brutta cosa se
non ha più un valore e un peso nella vita.
Spesso la forza ci prende e ci avvinghia e
come l’orso in gabbia non sappiamo più se
siamo noi a condurre o se siamo condotti noi
da questa forza istintiva e irrazionale.
Un
animale da compassione, ora; anche la bimba
se ne era accorta da subito, e mi chiedeva:
“Ma cosa fa? Come mai continua a girare su
se stesso?”.
La forza bruta, senza un senso,
è una brutta cosa; già, ma come spiegarlo
alla bambina?
Allora le dissi: “E’ ammalato”.
E lei: “Che cosa ha?”.
“Gli manca l’amore. Non
vedi? E’ solo e abbandonato a se stesso…
soffre di solitudine e di compagnia che
gli manca”.
Lei lo osservava con una certa
tristezza e compassione, poi riprese: “Non
possiamo fare qualcosa per lui?”.
“No – le
dissi – non c’è niente da fare. E’ abbandonato
al suo destino”.
Lei lo osservava, con quello
sguardo ammirato e incredulo, come a
chiedersi come potesse una forza di così
grande animale ridursi a essere nulla e ridurlo
a nullità.
Da paura, quell’animale suscitava
ora compassione e pena.
Da prudenza nei
suoi riguardi, ad accoglienza e premura
per la sua condizione.
Anche la nostra vita
– avrei voluto spiegare alla bimba – è così:
per un tempo si mostra forte e gaia nei
nostri confronti; poi, d’un tratto, ecco che
si riduce a debolezza e fragilità, ad essere
in balìa del destino.
Se potessimo capirlo,
questo, anche per la nostra vita!
Siamo orsi
finchè possiamo e ce la facciamo; poi, per
chissà quale sorte, ecco che diventiamo
animali ingabbiati e da visitare, quasi come
ammalati in una clinica.
Mentre ero intento
a questi pensieri, la bimba mi richiamò:
“Ma che fine farà?...”.
“Mah…Intanto, come
vedi, è già finito: tutta la sua forza e la sua
baldanza, a che serve ora? A niente. E poi,
con chi ha a che fare, se non con se stesso?
Dove sono finiti i suoi simili, i suoi amici, e i
suoi nemici? Nessuno gli fa più compagnia né
stimolo per vivere…Sta qui solo per essere
visto, per ora…poi, non lo vedremo più…”.
La
bimba si rabbuiò dal suo sorriso: “Quanto
mi piacerebbe liberarlo!”.
“Anche libero,
dove andrebbe ora? E’ vecchio, come vedi.
E poi, le sue gabbie sono dentro di sé, non
certo queste qui fuori. Sarebbe solo libero
di morire fuori di qui, non certo per vivere”
e le posi una mano sul capo, come a gesto di
consolazione per quella che lei considerava
una triste situazione.
Gira e rigira nella gabbia della vita, senza
meta e senza senso,
è ormai una realtà che appare sempre più
evidente in chi non è clemente.
Clemente né con sé, accettando quel che è;
né con il mondo attorno,
che gli farà da gabbia e da confine, perché
manca un fine.
La fine non è vicina: è già presente, e in ogni
cosa.
Fare o non fare non cambia:
tutto è destinato alla morte.
tutto è destinato alla morte.
L’orso in gabbia è potenza che da espansione
s’è ridotta a commiserazione.