Tra stridore e urla ci ritroviamo tra le scimmie e gli scimpanzé, e con un gorilla.
La compagnia animale più vicina a noi ci
accoglie con la sua vitalità, scorazzando tra
liane e piante, fogliami e rami, e in questo
modo ci fa sentire a casa nostra…
“E’ vero che noi discendiamo dalle scimmie?
Che differenza c’è tra le scimmie e noi?...” –
è la nuova richiesta della bimba.
“Discendiamo…ma non subito…nel tempo:
tanto, tanto, tanto…poi cambiamo…poi, di
preciso, non saprei. Ma la differenza tra
noi e loro è che noi abbiamo la coscienza, e
possiamo usarla. Loro no, non ce l’hanno”.
“Ma capiscono…?” mi richiede lei.
“Sì, con i sensi; ma poi non si rendono
conto, non fanno uso della ragione, anche se
sembra qualche volta. Manca la coscienza,
proprio quella che qualche volta sembra che
manchi anche a noi, quando facciamo le cose,
capiamo, ma non ci rendiamo conto…”.
Lei mi osserva, poco convinta; poi segue con
interesse il via vai delle scimmie, scruta il
gorilla seduto là in fondo…e la questione
finisce così.
Dicendola al contrario, il mondo animale ci
insegna a fare le cose in modo naturale.
Sì, a non usare la coscienza per fare
artificiosamente il bene o il male.
La coscienza ci dovrebbe mettere in sintonia
con la nostra natura.
Come i sensi mettono in sintonia le scimmie
con la loro natura.
Ma…lasciamo perdere…
La fanciulla, intanto, sta correndo qua e là
gioiosa,
esprimendo in modo naturale la coscienza di
essere serena.
Scimmiottare.
Un verbo che ci accosta in modo animalesco
alla scimmia.
Degradando l’umano e insieme l’animale.
Imitando bene il peggio e imitando male il
meglio.
E applicandolo all’animale, ingiustamente.
E altrettanto ingiustamente, alla persona.
Con un pizzico di coscienza possiamo
riportare il tutto alla naturalità.
Alla natura animale.
Alla natura umana.
“Guarda – mi richiama lei improvvisamente –
il gorilla si gratta il sedere!”.
Sorridiamo.