Mentre mi accingo ad acquistare i biglietti,
lei mi richiama strattonandomi per la camicia:
“Guarda che io non posso entrare…”
e io subito la interrompo: “Come non puoi
entrare? Non vedi che prendo i biglietti?...”
e termino l’operazione, incamminandomi
verso la sbarra dell’entrata.
Ma lei si è fermata indietro, e quando
la richiamo, ammutolisce il suo sorriso e
mi guarda con occhi tremolanti.
“Che c’è? Cos’hai?...” e con la mano la invito a procedere.
“Che c’è? Cos’hai?...” e con la mano la invito a procedere.
Ma lei, lì, ferma, quasi bloccata, un po’ tra
l’incantata e l’incatenata, e non si muove.
Torno suoi miei passi, mi chino verso di lei:
“Qual è il problema? Non sei contenta di essere qui? Non ci tenevi tanto a venire?...E adesso, che fai?...”.
E lei, facendo rinascere pian piano il sorriso, sussurra: “Guarda che io non posso entrare così…Devo entrare ed essere una di loro, devo sentirmi una di loro…”.
“Qual è il problema? Non sei contenta di essere qui? Non ci tenevi tanto a venire?...E adesso, che fai?...”.
E lei, facendo rinascere pian piano il sorriso, sussurra: “Guarda che io non posso entrare così…Devo entrare ed essere una di loro, devo sentirmi una di loro…”.
Mi raddrizzo, mi mostro pensieroso e mi
accarezzo il mento, come a pensare a una
soluzione…
Ma poi, mentre penso, mi accorgo
- sempre dal suo crescente sorriso – che lei
ha già soluzione e risposta al suo problema,
e occorre ora solo la mia approvazione.
“Quindi…?” e la invoglio a esprimersi.
“Sarò una rana – riprende lei colmando il suo sorriso – così potrò stare un po’ vicina a te e un po’ vicina a loro, proprio come la rana: un po’ sulla terra, un po’ nell’acqua!”.
“Quindi…?” e la invoglio a esprimersi.
“Sarò una rana – riprende lei colmando il suo sorriso – così potrò stare un po’ vicina a te e un po’ vicina a loro, proprio come la rana: un po’ sulla terra, un po’ nell’acqua!”.
Non sapevo che dirle, a questo punto, se non
approvare in rispettoso silenzio quella sua
scelta tanto fantasiosa e sorprendente, e
allo stesso tempo concreta e risolutiva.
E varcammo la sbarra tra i due mondi: tra
quello di ogni giorno, e quello di oggi, qui e
ora: il mondo dello zoo.
Fra l’altro io il biglietto non l’ho pagato,
in quanto sacerdote.
Non so perché, ma
mi avevano detto che i preti non pagavano
l’ingresso.
Forse per rispetto…o per far sì che si portasse un giorno la comunità, o un gruppo…o per chissà che altro.
Forse per rispetto…o per far sì che si portasse un giorno la comunità, o un gruppo…o per chissà che altro.
Sta di fatto
che già quella differenza mi faceva pensare
che lei, pagante, stava vivendo in un modo
gratuito e libero da ogni condizionamento
quel momento; io, non pagante, non sono
ancora in grado di godermi questo momento
speciale con lo spirito di questa gioiosa e
giocosa bimbetta.
Il tornare bambini –
nell’animo – quanto è difficile!
E mentre sto
pensando a tutte queste cose, lei intanto è
già alle prime gabbie a parlar con gli animali…
Che differenza tra quel suo e questo nostro mondo!
Lasciar esprimere…
Che differenza tra quel suo e questo nostro mondo!
Lasciar esprimere…
Come educatori, ci sentiamo superiori,
responsabili, in dovere di…
E facciamo tutto il possibile per far crescere
ed educare, ma a modo nostro…
A modo vecchio, per un mondo vecchio e al
tramonto.
Educhiamo con spirito di dovere, non con
l’anima dell’amore.
Educhiamo a un tramonto, in una parola: alla
morte.
Lasciar esprimere è educare alla vita, a un
mondo rinnovato.
Ma non abbiamo tempo, forse perché non
abbiamo il senso.
Abbiamo tutte le voglie di questo mondo, e
le trasmettiamo.
Ma nessun desiderio di un mondo oltre, al di
là, da scoprire.
La bimba che si fa rana ci aiuta e ci invita a
far un salto al di là.
Lasciandoci esprimere per la vita,
e non comprimere dalla morte.
e non comprimere dalla morte.