Salta qua e salta là, ma non dimentica il figlio che ha.
Il marsupio.
Quella cosa che ci richiama il tener con sé
la creatura fragile e debole.
Madri che ignorano e abbandonano le loro
creature, pensando solo a se stesse.
A prendersi il sole al lago, a farsi compagnia
con l’uomo di turno, a non rispondere mai
al telefono quando c’è bisogno perché…
stan facendo i propri comodi: abbronzarsi,
prendendosi il sole…e quant’altro (?)…mentre
la sua creatura muore!
Che drammi!!!
Il canguro porta in sé il figlio generato,
e non lo abbandona, come fa l’umano disumano.
e non lo abbandona, come fa l’umano disumano.
“Che salti fa!...Sono proprio belli!” mi dice la
bimba.
“Esprimono l’energia della vita…e tu, che
vuoi esser rana, impara a saltellare così!”.
“Sì, sì…mi piace proprio questo saltellare…è
come una danza, un ritmo, un seguire una
musica che noi non sentiamo…”.
“Già- le riaffermo – noi non la sentiamo,
ma questa madre la sente nel suo cuore,
la trasmette al suo marsupio e così al suo
figlio…pensa come un giorno balzerà fuori
da lì, pieno di vita e di gioia!”.
Impedire il salto.
Bloccare.
E’ l’educatrice e la genitrice del dovere e
non del cuore.
Che non ha capito niente della vita, e vuole
solo il proprio interesse.
Cioè far bella figura per sé, per quello che
è, e non per quello che dà.
Dare la possibilità del salto fuori dal
marsupio morale è far vivere.
Tenere stretto a sé nella vita è far angosciare
l’altro, fosse anche tua creatura.
Tenerlo poi stretto nella morte, esprime
solo un rimorso di coscienza, che attesta a
te e agli altri quello che non hai fatto per far
vivere la tua creatura…l’hai fatta morire, tu!
Il canguro rilancia al salto del cuore,
dell’animo e della mente ciascuno di noi.
La bimba subito l’ha intuito,
e si è animata anche fisicamente della sua danza.
e si è animata anche fisicamente della sua danza.
Un saltellare gioioso e vivace,
esprimente la vita e mai la morte, un avanzare oltre.
esprimente la vita e mai la morte, un avanzare oltre.
“Che bello fare questi salti!....” mi richiama
saltellando qua e là.
“La rana ricorda che deve imparare dal
marsupio del canguro a portare sempre con
sé la vita, e mai la morte…” le dico in tono
solenne.
Lei mi ha guardato con un velo di tristezza,
come ad annunciare la sua impossibilità a
poter condurre a termine il percorso del
canguro, e a dover accontentarsi si rimanere
solo una rana, una semplice, umile e limitata
rana, soggetta ai suoi e agli altrui limiti.
“Dai, salta, saltella,…non star lì bloccata a
guardare!” la riprendo.